Pioggia d'inchiostro.

Recensione: "La forchetta, la strega, e il drago. Racconti di Alagaesia" di Christopher Paolini.

La forchetta, la strega e il drago. Racconti di Alagaesia - Christopher Paolini

Chi, come me, è cresciuto a cavallo tra Harry Potter e Twilight, ha incontrato sulla sua strada anche Eragon. Un ragazzetto di nemmeno 15 anni - all'epoca in cui leggevo le sue avventure, io ne avevo a malapena 7 e mi sembrava vecchissimo - che riesce in una sottospecie di miracolo: far schiudere un uovo di drago, uno degli ultimi tre presenti in Alagaesia, la sua Terra. Dall'uovo nasce Saphira, una dragonessa color zaffiro, che sarà la sua compagna di avventure e, soprattutto, di vita. Amavo leggere Eragon: se con Harry Potter finivo in un mondo abbastanza simile al mio, in cui potevo sognare di fare l'impossibile con solo un bastoncino di legno fra le mani, con Eragon potevo sognare di avere un drago! Adoravo - adoro! - Saphira: il suo essere enorme, saggia, bellissima e dolcissima, caparbia, determinata, speranzosa e forte. Ricordo che pensavo sempre che, se mai avessi avuto una figlia, l'avrei chiamata proprio Saphira. Ed ero talmente innamorata di lei che il blu zaffiro divenne il mio colore preferito e andai alla ricerca di altri libri con i draghi come protagonisti, senza però trovarne uno che le assomigliasse anche solo vagamente. Ancora adesso, quando passo davanti all'angolo "Ciclo dell'Eredità" nella libreria della mia cameretta - lo so, sono un po' infantile - ripenso alla me bambina che con il librone a due cm dal naso, si emozionava a leggere le storie di quei due.

E vi immaginate l'emozione di sapere che sarei potuta tornare nel mondo di Alagesia, ormai alla veneranda età di 23 anni? Ecco, la deficiente che vedete saltellare con un sorriso a 32 denti sono io. 

Ovviamente, già dal titolo, ovvero LA FORCHETTA, LA STREGA, E IL DRAGO: RACCONTI DI ALAGAESIA, sapevo che non avrei avuto fra le mani un quinto libro del Ciclo dell'Eredità, ma diciamo pure che mi sono accontentata. Sono rimasta delusa? No. Avrei desiderato altro? Forse sì, ma penso sia normale, per un fan di una determinata serie di libri, non essere capace di accontentarsi mai. 

La raccolta di novelle - poichè alla fine è di questo che si tratta - ne contiene 3 e tuttavia non le lascia slegate fra loro, come se fossero tre raccontini messi insieme tanto per raggiungere un numero abbastanza alto di pagine, anzi. Paolini è stato molto bravo nel collegarle lasciando, in sottofondo, il filo conduttore della nuova vita di Eragon e Saphira che, come chi ha letto INHERITANCE saprà, si sono prefissi l'obiettivo di ricreare la stirpe dei Cavalieri di Drago. 

Nella prima novella, dopo aver appreso le difficoltà di Eragon nell'organizzare la nuova vita, vediamo come gli Eldunarì lo distraggono permettendogli una fugace visione sul mondo - e una persona in particolare - che si è lasciato alle spalle. Nella seconda, veniamo a conoscenza su una piccola - piccolissima - parte del passato di Angela, la strega enigmatica che dà un bel po' di grattacapi al Cavaliere dei Draghi, per il suo essere così misteriosa ed enigmatica in qualsiasi circostanza. Nella terza ed ultima storia, invece, assistiamo al racconto, da parte di un Urgali, su una femmina di Urgali alle prese con un drago. Tra le tre, la mia preferita è la prima novella: ho sempre subito il fascino del protagonista e, nonostante tutto, ho sempre voluto sapere come sarebbe finita, o comunque proseguita, la sua storia. 

Pur essendo passati anni - credo 6/7 - dalla pubblicazione di INHERITANCE, ritornare nel mondo che ho tanto amato da bambina è stato facilissimo. Forse sono di parte, ma apprezzo tantissimo lo stile di Paolini e, soprattutto, la sua capacità di far sembrare nullo il tempo passato. Ritornare ad Eragon è stato come prendere una boccata d'aria dalla me adulta. E ritrovare Saphira ... che ve lo dico a fare! In pratica il blu zaffiro è di nuovo il mio colore preferito!

Lo consiglio? Si! Fatevi avvolgere dai draghi, dagli elfi e imparate ad amare Eragon. Altrimenti vi metto tutti al rogo ^^'.

Recensione: "L'altra Grace" di Margaret Atwood.

L'altra Grace - Margaret Atwood

Avete presente quando avete alte aspettative su qualcosa? Quando tutti non fanno che parlare meravigliosamente di quella cosa e allora la curiosità vi assale e sapete che non vivrete in pace finchè non avrete sperimentato anche voi? Avete presente quel senso di "meh" che vi attanaglia, quando la suddetta cosa vi ha deluso? Quando vi sentite quasi deficienti perchè a molti - se non tutti - quella stessa cosa che voi state mandando giù faticosamente, è piaciuta da impazzire? Ecco, mi è successo, di nuovo, con Margaret Atwood.

Circa due anni fa - e se sbaglio, amen, ma la mia è una memoria a breve termine - ci fu un boom attorno a questa autrice, grazie alla serie tv tratta da "IL RACCONTO DELL'ANCELLA". Tutti ne parlavano benissimo, sia della serie che del libro, e io, da brava allocca, mi sono fatta abbindolare. Visto che non sento la coscienza pulita se non leggo prima il libro da cui una serie tv - o un film - è tratta, presi il mio Globo e mi avventurai tra le pagine tanto declamate. Fu un disastro. Arrivai a fine romanzo che non sapevo cosa pensare, totalmente abbandonata a me stessa, con il cervello in pappa perchè non avevo capito assolutamente nulla. L'anno scorso - anche qui potrei sbagliare e in quel caso abbiate sempre pietà di me - Margaret è ritornata a spuntare ovunque sotto i miei occhi, grazie ad un ulteriore serie tv e ad un ulteriore libro. Di nuovo tutti si sperticavano in lodi, e pur avendo acquistato il libro sempre perchè sono un'allocca, non ho trovato il coraggio di leggerlo, se non ad inizio marzo. Mi sono autoconvinta dicendo che magari, IL RACCONTO DELL'ANCELLA non mi era piaciuto perchè era un periodo un po' particolare della mia vita, che l'avevo letto distrattamente e magari non era così orrido, che dopotutto la serie tv mi era piaciuta e qualcosa doveva pur significare. Insomma, ho ripetuto questi mantra nella mia testolina talmente tante volte che, alla fine, il mio dito indice ce l'ha fatta a premere sullo schermo del Globo, e ho iniziato la lettura. 

L'ALTRA GRACE - il libro in questione - è una versione un po' tanto modificata di un fatto reale di cronaca nera avvenuto in Canada nella prima metà dell'Ottocento. Due giovani, una domestica - Grace Marks - e uno stalliere - James MacDermott furono accusati e arrestati per l'omicidio del loro datore di lavoro e della governante, sua amante. E mentre James fu impiccato, essendo ritenuto il reale fautore dell'omicidio, grazie a varie petizioni e ad una dichiarazione di infermità mentale dovuta all'isteria - che a quel tempo era la causa di qualsiasi cosa facessero le donne -, Grace fu salvata dalla forca e condannata all'ergastolo. Nel suo romanzo, la Atwood immagina che Grace venga psicoanalizzata da un medico, tale Dottor Simon Jordan, per riuscire a raggiungere la verità di quello che in realtà era rimasto un mistero. La domande portanti dell'intero racconto sono, infatti: Grace Marks è davvero un'assassina? Il suo dichiararsi innocente è reale o frutto di una messinscena ben organizzata?

Ammetto che la storia di base non mi è dispiaciuta. La prosa, invece è stato un problema. Trovo lo stile della Atwood troppo filosofico in alcuni punti: è come se, a volte, lasciasse la narrazione a metà per concentrarsi su concetti astratti che c'entrano poco e nulla. Messi lì per allungare il brodo. Ad esempio, in alcuni capitoli, vengono descritti i sogni fatti sia dal Dottor Jordan che da Grace e mi hanno dato l'impressione di essere stati scritti in uno stato di trans: le parole sembrano allineate per caso in alcuni punti, il nesso col resto della storia è invisibile e non vengono spiegati. O meglio, l'esistenza di sogni del genere assumono un senso logico nella storia di Grace alla fine del romanzo, mentre quelli dello psicologo sono ancora fonte di domanda per la sottoscritta. E per non parlare della spiegazione che è stata data degli omicidi, ovvero il motivo per cui Grace era, in qualche modo, colpevole. L'escamotage mi ha lasciata interdetta, non sapevo se ammirare il coraggio di una spiegazione ai limiti del fantasy, come quella che avevo appena letto, o chiudere tutto e rifiutarmi di leggere le ultime 50 pagine. Alla fine le ho lette e, che lo avessi fatto o no, non sarebbe cambiato nulla.

Lo consiglio? No. Ovviamente è una questione di gusto personale, e lo dimostra il fatto che a tanti sia piaciuto. Probabilmente non sono neanche riuscita a cancellare i pregiudizi che avevo nei confronti dell'autrice, e ciò ha influito molto, ma non me la sento di consigliare un romanzo che mi ha annoiata e che ho letto a fatica.

Ora non mi resta che guardare la serie tv - Alias Grace - sperando che, almeno lei, non mi deluda!

 

Recensione: "Il richiamo del cuculo" di Robert Galbraith.

Il richiamo del cuculo - J.K. Rowling, Robert Galbraith

Ebbene si, sono tornata. Ancora. E di nuovo con un libro non prorpiamente nuovissimo. Lo so, lo so, non sono molto aggiornata in merito ad ultime uscite - che sottospecie di bookblogger orribile che sono - ma dovete sapere che i libri scritti da autori che mi piacciono molto li leggo solo in momenti particolari della mia esistenza, mentre i libri che fanno parte di saghe abbastanza lunghe tendo a leggerli quando la pubblicazione dell'intera saga è terminata, perchè il mio cervello soffre di memoria a breve termine e ho sempre il terrore di non ricordare più la trama. La saga di Cormoran Strike, ahimè, rientra in entrambe le categorie. 

Robert Galbraith, come mi auguro sappiate - e se non lo sapete, vergognatevi - è l'alter ego "giallo" della mia amata e adorata J.K.Rowling. "Giallo" perchè con questo alias, Joanne ha iniziato a pubblicare libri appartenenti al genere poliziesco, anche se Wikipedia mi ricorda gentilmente che "Giallo" si riferisce anche alla letteratura di spionaggio, al thriller e al noir. E se devo essere sincera, non so neanche se la Saga di Strike possa definirsi poliziesca, visto e considerato che la polizia piglia più pesci in faccia che altro, tra le sue pagine ^^'. Comunque, mi sto dilungando troppo. Dono della sintesi, a me!

Il primo volume - ne sono usciti altri tre, l'ultimo il mese scorso - ci permette di entrare nel mondo del protagonista, Cormoran Blue Strike, il quale è un ex militare con mezza gamba in meno, una madre supergroupie morta per overdose, un padre rockstar che se lo fila solo tramite giornali, una fidanzata psicopatica e un'agenzia investigativa sull'orlo del tracollo. Insomma, roba da matti.

La mattina in cui inizia la nostra storia, Strike ha appena finito di litigare con la sua fidanzata - ormai ex - psicopatica, quando si ritrova davanti cerca di ammazzare la nuova segretaria inviata dall'agenzia interinale, tale Robin Ellacott, la quale, complice una passione smisurata per l'investigazione, riesce a farsi assumere a tempo indeterminato, anzichè rimanere una sola settimana. Insieme, i due investigheranno sull'apparente suicidio di Lula Landry, una top model molto famosa, morta dopo essere caduta dal terrazzo del suo appartamento [curiosità: nella serie tv tratta da questi libri, l'attrice che interpreta Lula e la stessa che interpreta la cameriera che Harry tenta di rimorchiare - molto male tra l'altro - all'inizio del film tratto da Harry Potter e il Principe Mezzosangue]. Investigare su Lula, per Strike, è un po' un ritorno al passato: la ragazza, infatti, è la sorella di quello che per un breve periodo della sua infanzia, caratterizzata da continui spostamenti, è stato il suo migliore amico. Casualità? Anche Charlie - il migliore amico di Strike bambino - è morto dopo essere caduto da un dirupo. E se fossi in voi, non dimenticherei questo particolare.

Sono rimasta abbastanza sconvolta da questo romanzo. Da Joanne non mi sarei mai aspettata una tale maestria e una mente così contorta nello scrivere un giallo. Per me, come per molti altri, sarà sempre l'autrice di Harry Potter, un libro che parla di magia, non di uccisioni macabre, e in questa veste mi ha piacevolmente presa contro piede. IL RICHIAMO DEL CUCULO sa prendere, tanto; a volte è un po' troppo arzigogolato, mi ha dato l'impressione di stringere il mio cervello in una morsa e poi di alsciarlo andare con qualche neurone in meno, ma un difetto doveva pur averlo. La cosa meravigliosa e stato arrivare alle battute finali ancora totalmente ignorante sul colpevole, per poi darsi dello scema una volta scoperto l'omicida. No davvero, se non fosse stato per mia mamma che m'avrebbe guardata stranita, avrei cominciato a darmi dell'idiota anche a voce alta. Il protagonista, Cormoran, è un tipo affascinante; ha una passione smisurata per la birra, tanto che entra in un pub in ogni capitolo a scolarsene qualche pinta [adoro!] e forse è un po' troppo crudele con se stesso. Ha il classico aspetto - e anche il classico comportamento - da nonno di Heidi: burbero, un po' asociale, ma sotto sotto con un grande cuore. Mi è piaciuto, anche se delle volte mi è sembrato surreale che avesse tutti quei colpi di genio: se ci fosse qualche Strike al mondo, non ci sarebbe criminalità probabilmente. Robin, la sua partner investigativa, è una fanciulla dolce, bella, con l'intelligenza e la brillantezza come assi nella manica: ha i suoi crolli, i suoi momenti da "Adesso la prendo a schiaffi perchè sta facendo la cretina", ma la Rowling - o Galbraith - è stata capace di creare il personaggio perfetto da affiancare al protagonista principale. Se non si fosse capito, questo romanzo non mi ha deluso. Anche qui, la paura era tanta, soprattutto perchè amo lo stile dell'autrice, che mi ha accompagnata per tutta l'infanzia e l'adolescenza, ma non sono rimasta delusa. E' stato un piacevole diversivo dalla vita reale, mi ha accompagnata per qualche giorno in modo eccellente.

Lo consiglio? Certo che sì. Anche ai non amanti del genere giallo. Date un'opportunità a Strike, alle sue pinte, alla sua gamba finta e al suo fiuto. Ve ne innamorerete. Ma vi avviso: potrebbe convincervi a mettere su un'agenzia investigativa e, se non dovesse andarvi bene, non prendetevela con me!

Recensione: "Le Sette Sorelle" di Lucinda Riley.

Le Sette Sorelle - Lucinda Riley

L'amore non conosce distanze; non ha continente, i suoi occhi sono come stelle.

L'anno appena concluso - lo so, ormai siamo a febbraio e quindi è già passato un mese - è stato un anno molto difficile per me e le mie letture. Problemi di salute in famiglia, la tesi da scrivere, il lavoro, le mille cose da fare ... insomma, sono riuscita a riprendere il ritmo - e la voglia - solo nell'ultimo periodo, perciò eccomi qui. Lo ammetto, in realtà non è stato tutto merito mio: la gran parte è della mia migliore amica, che finalmente dopo anni, ed una buona dose di rassegnazione da parte mia, ha capito che la lettura è una cosa meravigliosa, ha comprato un Kobo, e ha deciso di accettare la mia proposta di creare una sorta di Club del Libro, in cui le uniche partecipanti siamo, per l'appunto, io e lei.

Quale modo migliore di celebrare questa nuova avventura, se non recensendo il primo - e per ora unico - libro che abbiamo letto in concomitanza?

LE SETTE SORELLE, di Lucinda Riley, è il primo libro di quella che, a mio parere, può essere definita come una saga familiare. La trama di base, da cui poi si diramano i vari libri, è quella della famiglia D'Apliese, composta da sei sorelle, un padre adottivo [Pà Salt] e una governante molto simile ad una mamma. Ogni sorella - tutte adottate a distanza di pochi anni l'una dall'altra - porta il nome di una delle Pleiadi, una costellazione che prende il nome da alcune figure della mitologia greca e che compare in cielo nei momenti più opportuni per i naviganti. 

Questo primo libro, dopo averci introdotte ad una visione generale sulla vita di tutte le sorelle, che si trovano improvvisamente orfane, passa, nello specifico, a raccontare la storia di Maia, la maggiore. 

Maia che, se non ricordo male, all'inizio della narrazione ha 33 anni, è sempre stata la figlia apparentemente più legata a Pà Salt, tanto da decidere di rimanere nel nido famigliare per tutta la vita, al contrario delle sue sorelle. Essendo una traduttrice, parla e comprende molte lingue, tra cui il portoghese, e questo le permetterà di conoscere Floriano, un affascinante scrittore che avrà un ruolo molto importante nella ricerca che intraprenderà qualche giorno dopo la morte dell'adorato padre. Pà Salt infatti, che resterà per tutto il libro una figura amata ma piena di misteri, ha avuto la brillante idea di lasciare in eredità, alle figlie, coordinate di luoghi della loro terra d'origine per stimolarle, e aiutarle, nella scoperta del loro passato. Maia scopre così di essere brasiliana - e ciò spiega la sua sconvolgente bellezza -, conoscerà le avventure turbolente e terribilmente romantiche della sua bisnonna e troverà il coraggio di tornare a fare qualcosa che, per paura, temeva di non poter più fare. 

Ecco, come sinossi probabilmente fa schifo non è delle migliori, ma c'è un motivo se nella vita faccio l'infermiera a tempo pieno ^^'. Il dono della sintesi non è mai stato catalogato tra i miei pregi e quando tento di essere sintetica, il più delle volte, pastrocchio. 

Detto questo, passiamo alla recensione vera è propria. Mi sono tenuta alla larga dai libri di Lucinda Riley - shame on me - per parecchio tempo, pur avendoli scaricati, perchè mi ero illusa che fossero libretti stile Harmony, carini da leggere sotto l'ombrellone e nulla di più. L'ho già detto shame on me? 

No, "Le Sette Sorelle" non è un romanzo filosofico o impegnativo, è vero, ma è bello. Molto. La prosa fluida dell'autrice ti prende in un batter d'occhio e - BOOM - ti attira in un vortice in cui inizi a sembrare un degno partecipante [sarà la parola giusta?] del SERD e diventa tutto un "Okay, solo un'altra pagina e smetto. Vabbè, mancano solo 20 pagine alla fine del capitolo, magari posso terminarlo, no?" ... e così le zucchine bruciano sul fuoco, le lasagne diventano carbonizzate, la cagnolina muore di fame e tu smetti di avere un'identità perchè ormai sei un tutt'uno con le pagine. 

A volte, lo confesso, ho pensato che la storia stesse per diventare banale. Scrivevo alla mia BFF raccontandole quello che per me sarebbe sicuramente successo, le dicevo che in quel caso sarei rimasta delusa e poi ecco che Lucinda mi schiaffeggiava in pieno viso perchè, puntualmente, non era mai come dicevo io. E questa è una cosa meravigliosa! Odio i libri banali, scontati, dove in poche righe comprendi tutta l'evoluzione della storia: perdo il gusto di leggere, mi annoio, lo mollo in qualche angolo recondito del Globo e addio, ciao, probabilmente ti riprenderò in mano quando avrò dimenticato la storia e resterò delusa un'altra volta

Maia non mi ha fatto piangere, ma mi ha tenuta col fiato sospeso. Avrei schiaffeggiato la sua bisnonna più di qualche volta, ma ahimè, il personaggio perfetto non esiste e se esiste si chiama Mary Sue.

Lo consiglio? Si. Diventerete dei Dottori in Filosofia/Storia/Letteratura Italiana dopo la lettura? No. Importa a qualcuno? No. Ne vale la pena? Sì, sì e ancora sì.

[P.s. -> Laurent e Floriano. Diabetici fino al midollo, ma ehi, ci vuole. Soprattutto in SPM.]

 

#quotes: 'Le inchieste del commissario Lolita Lobosco' di Gabriella Genisi.

La parola "amore" in dialetto barese non esiste. Tanto vale chiarirlo subito. Altrove invece ci sono certe lingue morbide, pastose come sfogliatelle alla crema, fatte apposta per parlare di sentimenti. Prendi i napoletani, per esempio, quando dicono ammore. La bocca gli diventa un fiore e poi si schiude, tumida. Come se stessero per dare un bacio. Perchè a Napoli l'amore si respira, anche quando per strada c'è la monnezza. Il barese no, non è adatto a parlare d'amore. E' aspro, essenziale, ironico. Levantino, tout court. E come si fa allora in certi casi? Facile, si fa che non si può. E allora si spiegano molte cose, dico io.

[Giallo ciliegia]

 

*** 

 

E invece così non era, e gli uomini non si smentiscono mai. Quando c'è qualcosa che li disturba, si girano dall'altra parte e abbandonano il campo.

[Giallo ciliegia]

 

***

 

Noi donne invece non facciamo così. Facciamo con l'amore come per la raccolta differenziata. Separiamo, cataloghiamo, riutilizziamo. Qualcosa si butta è vero, ma una parte buona resta sempre, dentro di te o altrove, a diventare un foglio, un libro, una panchina. O un sentimento nuovo, perchè no. Perchè noi non cerchiamo l'effetto speciale, ma solo qualcuno da amare, possibilmente per sempre.

[Giallo ciliegia]

 

*** 

 

La focaccia dalle nostre parti è faccenda seria, ha quasi il valore di una madeleine proustiana, ci basta l'odore certe volte per essere felici. Va da sè che ogni famiglia c'ha ben riposta nel cassetto della credenza la ricetta sua e che di varianti ce ne sono tante, e per tutti i gusti. Di semola, di mezza semola, di patate, integrale, di grano arso. Alla barese, alla molese, altamurana, aperta, chiusa, a libro, di San Michele. E poi ancora alta, bassa, schiacchiata, farcita. Potrei continuare all'infinito, e mai nessuna che riesca uguale all'altra. Perchè una focaccia è un'opera d'arte e per essere definita tale dev'essere impastata a occhio, con un'esperienza che solo il tempo può regalare.

[Uva noir]

 

***

 

Mannaggia, non sono fatta per stare da sola. Ho bisogno d'amore, anche se poi quando ce l'ho non me lo so tenere. E vorrei che qualcuno mi spiegasse perchè, e come si fa a far durare una storia bella tutta la vita, come accadeva quaranta o cinquant'anni fa, ai tempi dei nonni miei. Dove l'amore era come il sapore dell'aglio strofinato sulla bruschetta, durava eccome. Ma forse con questa crisi che avanza, cambierà tutto. Imparerò, e impareremo tutti a far durare le cose. Automobili, vestiti e sentimenti. Saranno per sempre, come nelle favole e nelle canzoni d'amore.

[Gioco pericoloso]

 

*** 

 

Certi amori finiti funzionano come la coda delle lucertole: continuano a muoversi per un po', poi muoiono per sempre.

[Spaghetti all'assassina]

 

 

 

 

Qualche anno fa (diciamo più o meno 13) i miei adorabili genitori mi regalarono un volumetto sulla cui copertina c'era un titolo un po' ansioso e che, a leggerlo, mi fece venire gli incubi per giorni e giorni. Tale volumetto altro non era che la sesta parte delle avventure, o meglio, disavventure, di tre bambini che più sfigati di così non si può.

Nonostante l'ansia e il terrore che mi instillò, visto che è risaputo che quando si tratta di libri, e non solo, so essere particolarmente masochista, mi misi in testa che avrei dovuto assolutamente leggere tutti i volumi della serie per saziare la mia fame di conoscenza. Purtroppo i libri erano troppo piccoli per i miei gusti e i miei lungimiranti genitori preferivano comprarmi mattoncini enormi, in modo da non dilapidare i loro stipendi in soli libri per la divoratrice assatanata che si ritrovano per figlia, perciò la mia conoscenza sulla serie intera è stata rimandata fino a qualche giorno fa quando, spinta da un'irrefrenabile voglia di ritornare una nanerottola, ho scaricato tutta la serie sul mio ebook reader. 

E' stato l'inizio della fine delle mie notti tranquille e senza incubi.

Violet, Klaus e Sunny Baudelaire sono tre piccoli orfani, la cui storia comincia proprio con la morte dei genitori in un incendio, i quali li hanno lasciati nelle mani del Signor Poe, un banchiere perennemente raffreddato, che non solo deve gestire la loro enorme fortuna economica, ma deve anche trovar loro un tutore adatto, le quali cose si rivelano più difficili del previsto per via dell'orribile Conte Olaf.

Nel primo volume, 'Un infausto inizio', il tutore designato è proprio il Conte Olaf, un uomo che si contraddistingue, oltre che per la sua cattiveria, anche per l'unico sopracciglio e un tatuaggio a forma di occhio sulla caviglia sinistra, particolari che aiuteranno i tre bambini a riconoscerlo in ogni avventura. Il Conte, in realtà, è un attore terribilmente vanesio e avido, il cui solo scopo è far fuori i bambini per poter impossessarsi della loro fortuna. Dopo essere stato scoperto, il Signor Poe deve trovare una nuova sistemazione ai Baudelaire e nel secondo volume, 'La stanza delle serpi', vengono affidati ad uno zio erpetologo che, tuttavia, sarà loro tutore per poco, per via della brutta e triste fine che il Conte Olaf, travestito da segretario, gli farà fare. Nel terzo volume, 'La funesta finestra', i tre bambini vengono affidati ad un'altra zia, paurosa ed egoista, ma ancora una volta verranno trovati dal malefico Olaf che di lasciarli perdere non ne vuole proprio sapere.

Come avrete capito non sono romanzi impegnativi, anzi, essendo rivolti ad un pubblico di bambini sono molto semplici e scorrevoli, ma nonostante questo sanno mettere addosso un'ansia assurda. Ruota tutto attorno alle ingiustizie che i tre Baudelaire devono affrontare, mai compresi e ascoltati, etichettati come ossessionati e birbanti, e tu, lettore, sei sempre lì ad un passo dall'inveire ad alta voce contro il Signor Poe, il tutore di turno e il Conte Olaf, e non riesci a capire come qualcosa di così paradossale come i vari travestimenti del Conte riescano a passare inosservati a tutti: insomma, se se ne accorgono tre bambini (e si sa che i bambini sono la bocca della verità), perchè non dovrebbero accorgersene anche gli adulti? 

Lo stile di Snicket, o meglio, di Daniel Handler, mi piace molto: adoro quando spiega il significato di una parola a seconda del contesto e adoro gli incisi di inizio capitolo, in cui spiega e preannuncia alcune delle cose che succederanno. E poi amo la finzione letteraria attorno alla quale ruota tutta la narrazione!

Da 'Una serie di sfortunati eventi' è stato tratto un film (bellissimo) con Jim Carrey e ora anche una serie tv Netflix con Neil Patrick Harris nei panni del Conte Olaf. Meraviglioso. Non vedo l'ora che sia il 13 gennaio solo per potermela gustare tutta, e a fanculo gli incubi.

 

Ad inquietudine ci siamo!

I custodi di Slade house - David Mitchell

Che cosa c'è di più importante di non morire? Il potere? L'oro? Il sesso? Un milione di sterline? Un miliardo? Un triliardo? Davvero? Quando il tuo momento è arrivato non servirebbero neanche a comprarti un minuto di vita in più. No, la cosa più importante è fregare la morte, fregare la casa di cura per gli anziani, fregare lo specchio e la faccia da cadavere come la mia e che anche lei vedrà nel suo specchio, e prima di quanto si aspetta: questo è il premio a cui vale la pena dare la caccia, che vale la pena di conquistare. L'unico premio che valga la pena. Ciò che vogliamo, che sogniamo.

L'altro giorno ero all'università, per niente vogliosa di ascoltare la lezione e con il mio immancabile bambino [il mio adorato Kobo, o come lo chiama mamma: Globo] nello zaino. Guardalo una volta, guardalo la seconda, alla terza era sul banco al posto di penne e quaderni e settato sulla lista infinita di libri che ho scaricato e che non riesco mai a leggere come vorrei. Scorrendo tra le pagine, ecco l'illuminazione: bella copertina, anche se un po' cupa, un titolo romanticamente nostalgico ... massì, perchè non cominciare seduta stante questo libro?

Ecco. Il problema è che io sono suggestionabile, parecchio

E' il 1979 e il romanzo inizia con il racconto di una prima sparizione a Slade House, il tutto visto dagli occhi di Nathan, il primo protagonista. A Nathan, ogni nove anni, si aggiungono altre persone, che come lui spariscono nel nulla: il detective Edmonds, Sally Timms e sua sorella Freya. La vita di queste quattro persone [senza contare Rita, la mamma di Nathan, e i Sei X-Files, gli amici di Sally] è collegata ad un unico filo che prende la forma di Slade House, per l'appunto, dei Gemelli Norah e Jonah, i cattivi della situazione, e del povero Fred Pink, l'unico ad aver visto Nathan il giorno della sua sparizione che, fino alla morte, non è riuscito a lasciarsi alle spalle il mistero di quella casa che sembrerebbe, a tutti gli effetti, una casa stregata.

Da cosa deriva l'inquietudine? Bene, l'inquietudine deriva dal modo in cui ognuna di queste persone viene attirata nella casa e dal motivo per cui ciò viene fatto, che ovviamente non starò qui a svelarvi, onde evitare spoiler non richiesti. Il romanzo ha un ritmo forse un po' lento nel partire, ma che pagina dopo pagina acquista vigore fino a farvi ritrovare, in una mattinata cupa e piovosa e con le lenzuola tirate fino alla testa, a sperare che sia per davvero tutta una finzione. Benchè in alcuni punti mi abbia un po' ricordato 'La casa per bambini speciali di Miss Peregrine', mi sento di dire in tutta tranquillità che Mitchell è stato molto ingegnoso nel mettere insieme il tutto e che è davvero un libro per cui valga la pena spendere qualche ora!

 

 

 

 

#Quotes: 'Adesso' di Chiara Gamberale.

E' che ci sono sette miliardi di persone, al mondo. 

Ma fondamentalmente si dividono in due categorie.

Ci sono quelle che amiamo.

E poi ci sono tutte le altre.

 

***

 

"Perchè?"

"Perchè cosa?"

"Veramente?"

"Veramente che?"

"Veramente siete felici?"

"Certo."

"Ma pensa."

 

***

 

Attenzione!, attenzione ai cuori: perchè ci sono pure i cuori (i cuori degli altri che conosciamo, i cuori degli altri che non conosciamo), la dieta, le partite, i cuori che non conosciamo degli altri che potremmo conoscere, ma chi cazzo se ne frega dei cuori se non sono il nostro, preso a morsi deriso, polpetta mollusco invertebrato muscolo involontario rosso buffone, c'è il silenzio, ci sono le conversazioni brillanti, è di nuovo mercoledì sera, è già arrivata un'altra bolletta, un'altra primavera. Mentre il disincanto tiene a bada l'insoddisfazione che tiene a bada il disincanto che tiene a bada il desiderio.

 

***

 

Perchè a me?

Perchè lo stavi aspettando.

No! Non è vero!

Da qualche parte evidentemente sì.

Se ti dico di no.

Fa lo stesso: tanto sta già succedendo.

Cosa? Cos'è che sta succedendo?

Che t'innamori.

Io?

Tu.

No no.

Sì sì.

Non sono pronto.

Nessuno lo è.

Non ci credo più.

Problemi tuoi.

Sarà un casino. 

Qualcuno si farà del male.

Probabilmente tutti.

O magari ...

O magari no.

 

***

 

Ma le persone affascinanti sono pericolose. Sono bugiarde, sono fragili, t'ammazzano, s'ammazzano, le persone affascinanti non esistono, sono riflessi che passano su uno specchio stregato che ti fa vedere quello che hai bisogno di vedere tu. Però. Però quando l'aveva tenuta stretta a sè gli era successa quella cosa strana.

 

***

 

"Perchè il dolore fisico è stato selezionat da un punto di vista darwiniano, secondo lei? Punto primo: perchè è un meccanismo di difesa e la sensazione spiacevole che abbiamo provato ci insegnerà come comportarci per evitare in futuro la circostanza che l'ha provocata. Sbattiamo la testa contro uno spigolo? Da quel giorno saremo più attenti a quello spigolo. Punto secondo: il dolore facilita la guarigione. Se un animale si ferisce alla zampa, la zampa diventa iperalgesica, cioè più sensibile, ed è all'improvviso una zona che, fino a quando non guarisce, viene istintivo proteggere anche da uno stimolo che di solito in quell'area circoscritta non farebbe male. Dunque?"

"Dunque, il dolore è un'esperienza eccezionale che ci costringe a un faccia a faccia con la nostra identità più profonda."

"No, dottoressa: dunque, il dolore è una cosa normale. E ci serve per andare avanti."

 

***

 

Se hai il cuore separato, lo seghi anche ai disgraziati che incontri. E nemmeno te ne accorgi.

 

Ha del potenziale, ma ...

The 100 - Kass Morgan

Amore è tenere in ordine la casa. Amore è far trovare un piatto di pasta sempre pronto a chi torna da giornatacce lavorative o di studio. Amore è preoccuparsi, dirlo ad alta voce o tenerselo per sè. Amore è accettare una condanna a morte pur di non far morire l'altro. Amore è essere disporsi a buttarsi nel fuoco mentre questo brucia tutto per salvare un'amica. Amore è compiere gesti disperati affinchè l'altro stia bene. Amore è tutto ciò che 'The Hundred' vuole comunicare. 

No, non è un capolavoro. No, penso che non aspiri neanche ad esserlo, ma è un libro che si legge bene, tutto d'un fiato, sebbene pecchi in qualcosa. E' un libro che ha una storia originale, sviluppata un po' di fretta e furia, in cui il messaggio da me colto, e cioè che l'amore lo si dimostra in tanti modi che a volte non sono poi così giusti, ha surclassato tutto quello che un buon romanzo d'avventura e di sopravvivenza dovrebbe contenere.

Non ho visto la serie tv ispirata - shame on me, I know - ma dalle briciole trovate in giro sono sicura quasi al 90% che tutto sia diverso, perciò per chi cerca un libro in cui leggere dei pensieri dei propri personaggi televisivi preferiti, qui non avrà pane per i suoi denti. 

Il mio parere al momento non è negativo, ma neanche positivo: mi mantengo in uno stato di neutralità in attesa dei prossimi volumi, nella speranza che il tutto migliori. Forza Kass, sono sicura che potrai farcela!

I maschi sembravano tutti uguali, chiunque avrebbe potuto essere te, ti cercai sicura di non riconoscerti. Invece ti riconobbi immediatamente perchè immediatamente le nostre pupille si incontrarono scoccando, e perchè quell'uomo mingherlino, bruttino, dai piccoli occhi che bruciavano neri e i grandi baffi che spiccavano neri sul pallore malato del volto non poteva essere che Huyn Thi An e Nguyen Van Sam e Chato e Julio e Marighella e padre Tito de Alencar Lima. Ed era Huyn Thi An che balzava in piedi con le braccia tese, era Nguyen Van Sam che mi veniva incontro, erano Chato e Julio e Marighella che mi stringevano dentro una morsa senza che avessi il tempo di presentarmi, dire il mio nome, era padre Tito de Alencar Lima che mi accarezzava una guancia con dita soavi. Ma era la tua voce che diceva "Ciao, sei venuta". Ed era una voce che al solo udirla si perdeva la pace per sempre.

Un uomo - Oriana Fallaci

Fiorellino, lui ti ama, lo vuoi capire?

Scrivimi ancora - Cecelia Ahern

Oggi ti amo più che mai; domani ti amerò anche di più. Ho bisogno di te più che mai; ti voglio più che mai.

Io amo Hunger Games. Amo i libri e amo i film. E nei film c'è un ragazzo - un uomo - Sam Claflin, tanto bellino e bravo e insomma, tanta roba. Perciò immaginate la mia faccia quando, tra le innumerevoli pubblicità, mi è spuntato il trailer del film basato su Scrivimi ancora: non so se sono l'unica, ma ogni volta che un attore protagonista di un film che io ho amato ne fa un altro, in qualche modo, mi sento obbligata a vederlo. E se questo film è tratto da un libro, devo prima leggere il libro, così ho raggiunto il livello di tranquillità normale solo dopo aver avuto questo libro tra le mani. Ammetto di averlo fatto aspettare tanto, ma un po' la paura di rimanere delusa, un po' il mio essere scettica su una storia d'amore basata solo su epistole, non ero poi tanto convinta di cominciarlo. Ecco, tutto questo excursus, per arrivare al momento in cui, con sette ore e mezzo di treno davanti, ho preso coraggio e ho cominciato a leggerlo ... Sono ancora indecisa se picchiarmi per aver aspettato tanto o no. 

Partiamo dal principio: Rosie e Alex, i due protagonisti, sono amici dall'infanzia. Migliori amici. Frequentano la stessa scuola, la stessa classe ... sono persino compagni di banco fino all'ultimo anno di superiori! La loro dolcissima amicizia comincia con bigliettini scambiati tra una lezione e l'altra, per poi passare a chat, messaggini e mail. Un'amicizia telematica, per la maggior parte delle volte, ma forte e resistente anche se un oceano li divide. E' un'amicizia che, come la maggioranza delle amicizie uomo-donna, comincia sin da subito a trasformarsi in qualcosa di più ... e il decorso verso l'amore, prende piede con i 'meravigliosi silenzi' che Alex sente solo quando c'è Rosie. E che anche Rosie sente solo quando c'è Alex. Però, come ogni buona storia d'amore che si rispetti, il percorso non è mica facile, anzi: in pratica, sono circa trecento pagine di ansia e aspettative che puntualmente vengono mandate per aria. Rosie e Alex si dichiarano nei momenti meno opportuni, anticipandosi o posticipandosi [dipende dai punti di vista] di mesi, settimane ... addirittura giorni, come se il loro destino fosse quello di essere solo amici. E come se non bastasse, in mezzo ci si mettono anche mogli antipatiche e "sgualdrine", mariti ficcanaso e figli che richiedono attenzioni! Insomma, questo amore non s'ha da fare! 

Nonostante le reticenze iniziali, e nonostante l'università che ruba tutto il mio tempo libero, è stata davvero una bella lettura. Divertente, ironica, un po' deprimente in alcuni punti, ricca d'ansia e di tachicardia. Una lettura da coperte, thè tra le mani e pioggia che batte sui vetri. Una lettura dolceamara, nostalgica ... perfetta se si vuole versare qualche lacrima e, allo stesso tempo, si ha bisogno di ridere.

Scherzi, Sophie?

Maleficio (The Prodigium Trilogy Vol. 2) - Rachel Hawkins

Ho finito 'Maleficio' alle due di notte, totalmente presa e bisognosa di sapere come finisse. E quando è finito volevo scagliare il mio amato Kobo contro il muro perchè no, non è così che si lasciano i lettori. Non lo accetto. 

Il libro riprende sei mesi dopo la fine di "Incantesimo": Sophie è ancora alla Hecate Hall, insieme a Jenna, Cal e sua mamma, in attesa dell'arrivo del padre per dare avvio alla Rimozione, ovvero la totale eliminazione dei suoi poteri demoniaci. Il padre arriva, le offre un soggiorno estivo nella tenuta del Consiglio, e la convince a non procedere con la Rimozione, perchè i suoi poteri serviranno a tenerla al sicuro. Al sicuro da chi? Dall'Occhio di Dio e da Archer Cross, l'emissario di cui Sophie è irrimediabilmente innamorata, a discapito di Cal, suo promesso sposo secondo le usanze dei Prodigium. Ma, ovviamente, non finisce qui. A Thorne Abbey ci sono anche due nuovi demoni che non ricordano nulla del loro passato e troppo tardi - ma davvero? - Sophie e suo padre si rendono conto che qualcuno - qualcuno di insospettabile - sta agendo alle loro spalle. E no, stavolta non è l'Occhio di Dio.

Sophie è una brava ragazza, per l'amor del cielo, ma ora capisco da chi abbia preso parte della sua stupidaggine: suo padre. No, non spoilero, ma davvero signor Atherton, qualcuno dovrebbe insegnarle a tenere a bada i cattivi e a non essere troppo impulsivo. Detto ciò, questo libro lascia molti interrogativi: il primo fra tutti riguarda quanto sia grande e di quale tipo sia il coinvolgimento della mamma di Sophie. Credetemi, io odio leggere in inglese, ma potrei seriamente prendere in considerazione l'idea di leggere Spellbound in lingua per sapere come diamine finisca la storia, perchè di aspettare Dio solo sa quanto per leggerlo in italiano sarà un'ardua impresa. 

Ovviamente, mi è piaciuto, mi sembra scontato dirlo. Avrei preso a sberle Sophie tante volte - sveglia ragazza, sveglia! -, ma pazienza, immagino di poter sopportare un po' di ingenuità. Anche Cal avrei preso a sberle, se avessi potuto. Insomma, avrei preso a sberle tutti, ma ahimè, allo stesso tempo penso di amarli. Sono adorabili piccoli stupidi che hanno già avuto la loro dose di testate contro il muro ... e va bene così.

Non recidere, forbice, quel volto,
solo nella memoria che si sfolla,
non far del grande suo viso in ascolto
la mia nebbia di sempre.

Un freddo cala ... Duro il colpo svetta.
E l'acacia ferita da sè scrolla
il guscio di cicala
nella prima belletta di Novembre.

Le occasioni - Eugenio Montale

Lui si appoggiò di nuovo le cuffie alle orecchie, e si rinchiuse nella sua musica. Come se da una porta che aveva spalancato troppo in fretta fosse entrato un eccesso di corrente, e ora, per ripararsi, l'avesse nuovamente chiusa. Troppo gelo. Troppo rumore. Troppi pericoli. Le cuffie rappresentavano la sua armatura per difendersi dal mondo.
In silenzio nel tuo cuore (Italian Edition) - Alice Ranucci

In silenzio nel tuo cuore - Alice Ranucci

Dov'è il mio batticuore?

Mai più senza di te - Rachel Van Dyken, Francesca Toticchi

Le storie d'amore, per quanto uno ci infili colpi di scena e dolcezza, un po' si somigliano tutte: è naturale, ma va bene. Io, personalmente, non le leggo nella speranza di scovare una capolavoro della letteratura, ma solo per sorridere, emozionarmi e ridere per qualche ora. Nulla di più, nulla di meno. 'Mai più senza di te' mi ha fatto ridere, mi ha fatto sorridere ... ma non mi ha fatto emozionare. Non come avrei voluto. Beth e Jace, i due protagonisti, sono due adorabili ragazzi. E' stata bella l'idea della storia d'amore architettata dal Destino in persona; è stata fantastica Nonna Nadine con i suoi dialoghi con Gus, l'agente federale che, probabilmente, ha guadagnato alcune sedute con lo psicologo. E stop. Basta. Niente batticuore, per me. Tutto troppo veloce. Ecco il problema. Jace, che di innamorarsi non voleva saperne nulla, che pensa solo alla sua carriera e acconsente a far vivere sei giorni da favola a Beth - che prima lo odia, poi piange se lui non vuole avere una relazione con lei, poi se lo mangia con gli occhi e poi si innamora (e non in quest'ordine molte volte) - non si capisce se scherzi o sia serio e quando ormai hai capito che sotto sotto anche lui si è innamorato, ecco che è troppo tardi e loro due si stanno già sposando. E Brett ... ma chi diamine è costui? Okay, è il tipo che portò Beth al ballo dietro compenso, okay è il fautore del loro incontro romantico, ma c'era davvero bisogno di inserirlo? 

Tutto sommato, mia cara Rachel, potevi fare qualcosina in più.

"Fuori di qui. Va' a sconvolgere il mondo di quell'uomo. Lo devi a noi misere che venderemmo un organo per un bacio di un uomo come Lucas. O come Bryce. Quindi va' e smettila di cercare di proteggerti da un piccolo crepacuore perchè - sai? - solo per una volta, mi piacerebbe avere il cuore infranto dopo che qualcuno mi ha amato e mi ha lasciato, piuttosto che avere il cuore infranto perchè nessuno mi ha mai filato."
Aspettando te - Kristan Higgins

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